La Foresta di Vallombrosa è una delle aree verdi più conosciute d’Italia: è sotto le volte dei suoi maestosi alberi che molti, da vicino e da lontano, vengono a cercare refrigerio nella calura estiva.
Quando i monaci si insediarono a Vallombrosa nell’XI secolo erano già presenti dei boschi di abeti bianchi e faggi. La cura delle foreste fu una delle preoccupazioni degli abati, che dal legname (oltre che dall’allevamento degli ovini) traevano gran parte delle risorse necessarie alla vita dell’Abbazia. I tronchi d’abete erano una merce importante, e servirono per secoli alla costruzione ed al restauro dei palazzi di Firenze, perciò i monaci fecero di tutto per estendere e curare lo sviluppo delle abetaie.
Dopo la creazione del Regno d’Italia la foresta passò allo Stato e, nel 1977, divenne Riserva Naturale Biogenetica.
Ogni anno la Foresta di Vallombrosa è meta di molti turisti, e di studenti della Facoltà di Scienze Forestali dell’Università di Firenze, che hanno in Vallombrosa il loro “campo scuola”.
La foresta si sviluppa in un’area di 1.279 ettari, tra i 450 e 1450 m di altitudine. Le specie più diffuse nella foresta sono, oltre all’abete bianco, il faggio (prevalente nelle zone più elevate), il pino laricio e la douglasia. Alle quote più basse vegetano castagni, querce, aceri e carpini.
L’abbazia fu fondata esattamente nel 1036 da San Giovanni Gualberto, monaco benedettino che lasciò Firenze a seguito di discordie con il suo abate e con il vescovo di Firenze, da lui accusati di simonìa. Qui San Giovanni Gualberto costruì, insieme ad altri due monaci del monastero di Settimo, una piccola chiesa, che nei 6 secoli successivi si ingrandì fino a diventare la grande e suggestiva abbazia che oggi possiamo vedere, e che è la casa madre dei monaci Vallombrosani, congregazione appartenente alla grande famiglia degli ordini Benedettini.
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